Calitri 23 Ottobre 2025 – La nostra intervista al candidato Franco Fiordellisi con la lista Roberto Fico Presidente alle Elezioni Regionali Campania, 23 e 24 Novembre 2025.

Qual è stato il primo momento in cui ha capito di voler fare politica — e non solo parlarne?
In questo ultimo anno, dopo aver svolto l’incarico per 8 anni di segretario provinciale della CGIL, sono stato impegnato, nell’area tra Baiano, Nola e il Vallo di Lauro, come sindacalista della Cgil Campania, ho constatato che il racconto delle persone comuni, era caratterizzato dalla rassegnazione, sentivo ripetere sempre lo stesso ritornello: “non c’è niente da fare”. Lì ho capito che le sollecitazioni, di tanti amici e compagni, delle aree interne e periferiche dell’Irpinia spingevano di non limitarsi a lavorare unicamente e proficuamente nel sindacato, ma era il momento di una presenza diretta nella rappresentanza politica e istituzionale.
L’Indignazione da sola, non cambia il destino di un territorio, se non te lo carichi realmente come missione.
Fare politica attiva, per me, anzi Noi, ha il significato di organizzarci in prima persona per le nostre realtà territoriali a smettere di descrivere i problemi, di chiedere suffragio, ma cominciare ad essere i protagonisti. Oggi invece i nostri leader hanno smesso di sognare e noi con loro. Gestiscono, calcolano, per lo più recitano.

Qual è la prima esperienza concreta in cui ha “toccato con mano” la politica sul territorio?
Posso dire da sempre o, meglio, dal post 23 Novembre 1980, dopo il devastante terremoto diventai una sorta di mascotte di associazioni e gruppi di volontariato che erano venuti a Calitri, in Irpinia, per aiutarci e da lì è stato un susseguirsi di impegni nelle associazioni di volontariato sociale, ambientale, così pure quando sono entrato in fabbrica, così in seguito quando sono stato eletto delegato e poi come sindacalista Cgil. Ma anche come promotore, coideatore e volontario dello Sponz Fest voluto da Vinicio Capossela in Alta Irpinia, fin dalla prima edizione. Come pure nelle battaglie a tutela del Formicoso, oppure per i referendum sull’acqua pubblica e le energie pulite e rinnovabili non invasive. Ho fatto un’esperienza di Amministratore locale a Calitri con la compagine Calitri 2000, una straordinaria stagione di civismo e partecipazione. Posso dire di essere da sempre impegnato sui temi del lavoro, della legalità, nonché per una sanità di prossimità, come pure per la prevenzione e manutenzione del territorio dal dissesto idrogeologico che proprio nella nostra Irpinia è importante. Insomma, per il buon vivere tenendo insieme Lavoro, Servizi, Dignità della persona e Tutela ambientale a partire da Comuni interni e periferici: lì dove si tocca con mano che la politica non può stare solo nei palazzi, ma deve stare dove mancano servizi, dove basta nulla per bloccare una graduatoria, dove i livelli essenziali di assistenza non ci sono oppure un cantiere resta fermo e una strada interrotta o rovinata e di conseguenza incidono sulla vita reale delle persone.
Chi è stata la persona o il mentore che più ha influenzato il suo modo di fare politica?
Non c’è un riferimento specifico, un “capo”, ma diverse figure, le quali hanno fatto della politica un dovere morale: Federico Caffè per l’idea che lo Stato non sia neutrale, Karl Polanyi per la difesa della società contro il mercato, Olof Palme per l’idea di giustizia come pratica, e Gramsci per il dovere di non rassegnarsi; e Raffaele Lieto per la postura sindacale, non ultimo una donna come Hannah Arendt e un meridionalista come Giustino Fortunato.
In che modo la sua storia personale (famiglia, origini, studi, lavoro) ha formato la sua visione politica?
Come detto in premessa il post terremoto, le persone che ho incontrato, frequentato come comunità, ma anche i miei genitori, dapprima emigrati in Svizzera, dove sono nato e mosso i primi passi, poi da ragazzo osservando, mia madre Maria Cunegonda, lavoratrice stagionale in Puglia, mio padre Giovanni in fabbrica, dove ha subito due infortuni gravi sul lavoro. Poi venendo dall’Alta Irpinia, territorio del sud più profondo, comprendi e percepisci nell’aria presto cosa significa la diseguaglianza territoriale. Come non sia un’astrazione. Dove tocchi con mano la differenza che passa tra avere o non avere un ospedale, un servizio di bus, una casa, un lavoro dignitoso. Le biografie dell’interno formano più della teoria: impari che chi nasce qui parte dieci metri più dietro. Come devi lottare per agire la mobilità sociale.
Qual è, secondo lei, la più grande urgenza politica della Campania/Avellino/ Provincia…oggi?
Rimettere al centro il diritto al lavoro, stabile e sicuro, non si può più assistere inermi ai casi di morti bianche. Alla formazione-apprendistato utile a giovani e alle imprese, i servizi di base essenziali, il trasporto pubblico collettivo, in sostanza le infrastrutture materiali e Immateriali. L’urgenza è rompere il ciclo “spopolamento → abbandono → degrado → rassegnazione”. Senza politiche mirate per chi resta e per chi vorrebbe tornare, ogni altro tema diventa retorica.
Come giudica lo stato del rapporto tra cittadini e istituzioni regionali?
Freddo, verticale, distante tranne quello clientelare. I cittadini non percepiscono la Regione come un luogo che risponde ma come un livello che scarica responsabilità a cascata. Quando le istituzioni non parlano con le persone, le persone smettono di parlare alle istituzioni e ritengono inutile votare e partecipare ed è questo che dobbiamo smontare.In cosa pensa che la politica regionale abbia fallito negli ultimi anni? Nel non vedere le aree interne come un pezzo vivo della Regione. Ha gestito, non governato: ha rincorso emergenze senza costruire strutture stabili su sanità di prossimità, abitare, trasporti, manutenzione del territorio. Ha difeso l’esistente, non il futuro dal mio punto di vista.
Quale misura già esistente salverebbe, e quale cancellerebbe subito?
Salverei (Salveremmo) tutto ciò che va nella direzione della gestione pubblica dell’acqua e dei beni comuni. La coalizione FICO attuerà il PEAR rimasto appeso con le tutele per i comuni. Dobbiamo modificare le norme e pratiche che hanno legittimato consumo di suolo, rendita e burocrazia al posto di trasparenza, pianificazione, prevenzione e manutenzione.
Crede che la politica campana ascolti abbastanza i giovani e il mondo del lavoro?
No, li convoca quando serve consenso, non quando serve progettazione. Si ascolta chi chiede visibilità, non chi chiede diritti. Il lavoro giovanile e la precarietà non è stata trattata come questioni strutturale, ma come rumore di fondo.
Cosa direbbe ad un giovane che vuole scappare da Avellino/ Campania perché non vede un futuro?
Che andarsene non è un tradimento, ma un sintomo. Ma direi anche: se nessuno resta, nessuno cambia nulla. O si scappa tutti o qualcuno decide di piantarsi per invertire la linea di frattura. Non chiediamo di restare per fede, ma per uno scopo. (missione). Peraltro, una presenza costante allo Sponz Fest come Vito Teti, ci ricorda sempre che ci vuole coraggio sia a partire sia a restare, e aggiunge «Mi guarderei bene dal mettere in contrapposizione “restanza” con “erranza”» e credo che basti questa frase a rendere il senso della complessità che c’è dentro questo fenomeno. Se invece desertifichi i luoghi, chiudi i servizi e i negozi, le strade sono vuote e rotte, allora i giovani vanno via, sono costretti ad andarsene. Mettiamoli nelle condizioni di scegliere e poi vedremo se vogliono andare via lo stesso, possono decidere di restare per una scelta affettiva, per un amore per il luogo, per esprimersi e rendersi utili per la propria terra oppure di scegliere liberamente per altri luoghi, ma che sia una scelta non obbligata o condizionata, subita.
Quanto conta ancora il consenso “locale” rispetto ai grandi partiti nazionali?
Conta più di prima. La politica nazionale non vede l’interno; se non c’è rappresentanza radicata, non esisti nell’agenda. Il voto locale non è folklore: è l’unico che può tradurre bisogni territoriali in priorità legislative e di intervento, ma anche di tutela.
Pensa che la comunicazione politica in Campania sia più teatro o sostanza?
È stata soprattutto teatro: per alcuni versi lo è ancora in questi giorni, basti rilevare l’attenzione dei media per la presenza di Boccia e di Sangiuliano nelle liste per il consiglio regionale, per il resto si assiste per lo più a slogan, annunci, inaugurazioni in diretta. La sostanza la vedi nei tempi di un cantiere, in una graduatoria ERP (Edilizia Residenziale Pubblica) ferma, in un pullman che non passa oppure soppresso, non si sa per quale motivo, sia essa della ex Circumvesuviana da Baiano, sia essa di un bus. Se la comunicazione non coincide con la vita reale, è rumore.
Quale sarebbe, secondo lei, la “foto simbolo” della Campania di oggi?
Una stazione dei bus di un paese interno alle 6 del mattino, con ragazzi e lavoratori in fila per partire: la fotografia del paradosso di una terra dove per vivere devi continuamente andare altrove.
Se dovesse spiegare ai cittadini perché si candida cosa direbbe con il cuore?
Perché non accettiamo che nascere in Irpinia significhi avere meno diritti. Ci candidiamo non contro qualcuno, ma contro l’idea che questa condizione sia naturale e immutabile.I governanti si riempiono la bocca di giustizia mentre lasciano crescere diseguaglianze da dopoguerra. Parlano di futuro mentre vendono il presente a banche, lobby e multinazionali.Leggevo qualche giorno addietro un commentatore che scriveva che “Il sangue dei civili, i bambini senza infanzia, gli ospedali bombardati ci dicono che il tempo è scaduto. La crisi climatica ci mostra che il pianeta non regge più.” Poi si domandava più avanti: “E noi? Ci rifugiamo nell’ironia cinica, nell’odio social, nel “non dipende da me”. Ma il vero scandalo non è chi sogna: è chi tace. È la neutralità travestita da prudenza”.
Quando sente dire “tanto non cambia mai niente” cosa risponde?
Capisco chi è arrabbiato, perché i problemi sono sempre gli stessi da decenni. Però questa frase è il carburante di chi vuole che nulla cambi. Denunciare, raccontare, informare, sensibilizzare, diffondere e unire le forze per fare pressione a volte fa la differenza. L’atteggiamento di rassegnazione, appunto, è la benzina che alimenta “lo status quo”, tarpa anche le giuste ambizioni di tanti valenti giovani. L’unica cosa che non cambia, da più di qualche decennio, è che nessuno prova a cambiare.Per contro, lo richiamavo in precedenza, il concetto di restanza, non è un atteggiamento passivo, ma è senso di riscatto che ha origine dall’esperienza dolorosa della partenza, ed è diritto a poter tornare a vivere le proprie radici senza dover fare quotidianamente i conti con il tarlo dell’insoddisfazione.
Qual è la prima cosa che farebbe il giorno dopo l’eventuale vittoria?
Aprire un tavolo permanente con i territori interni sui Servizi Essenziali, Sanità, Abitare, Lavoro e Legalità. Senza confronto, tavolo, con chi vive i problemi, ogni piano resta solo carta.
Perché ha scelto di candidarsi con la lista Roberto Fico Presidente ?

– Perché è l’unico progetto che non chiede di adeguarsi all’esistente, ma di rovesciare paradigma: centralità delle persone, dei luoghi periferici, dei diritti, della legalità come valore, come bene comune. E’ una candidatura che non promette miracoli, ma una direzione ostinata e a volte anche opposta a quella che ci ha portati fin qui.
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