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Morra De Sanctis, in occasione del “Cammino della Fede di San Pio” il racconto della Beata Maria Gargani, e la testimonianza del nipote diretto Angelo Gargani

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Morra De Sanctis – In occasione “del Cammino della Fede di San Pio” del 13 aprile 2024, torna a Morra De Sanctis la croce astile in argento del XV secolo, un’ opera d’arte unica e preziosa tra le più importanti d’Italia.
La croce oggetto di culto è un simbolo di grande significato per la comunità di Morra De Sanctis.

Il saluto all’ itinerario via della fede di Padre Pio, del nipote diretto della Beata Maria Gargani, Angelo Gargani , il quale ringrazia tutti i presenti e gli organizzatori che hanno organizzato e partecipato alla giornata e testimonia con la sua presenza, e con un racconto i momenti di vita a Morra De Sanctis della Beata –

“Buon giorno a tutti. Un sincero ben venuto anche da parte mia a voi camminatori della via della fede di S. Pio. Un affettuoso saluto alla madre Generale ed alle altre Suore dell’Istituto Suore Apostole del Sacro Cuore, fondato dalla beata Suor Maria crocifissa del Divino Amore, al secolo Maria Gargani. Un grazie particolare a tutti gli organizzatori di questo itinerario religioso: il prof. Di Gregorio, il sindaco di Morra, Don Rino, mio figlio Domenico, la Proloco, i giovani Gionatas, Francesco e Bepi che illustrano il percorso, l’amico Michele Di Pietro. Un grazie anche a don Tarciso che ha consentito il ritorno, sia pure solo per oggi, della Croce astile del XV secolo, patrimonio della Chiesa di Morra e che ora si trova presso il Museo di Nusco. Speriamo torni definitivamente nel nostro paese.


Siete giunti, attraverso questo esaltante itinerario, alla tappa forse tra le più significative.
Ci troviamo dinanzi alla casa dove nacque la beata Maria Gargani.
Sono Angelo Gargani, suo nipote. E’ presente la mia famiglia. Porto i saluti di mio fratello Peppino e vi comunico il suo grande rammarico per non essere presente a questa manifestazione alla quale teneva moltissimo. Purtroppo gravi impedimenti familiari lo trattengono a Roma.
Siamo gli unici nipoti diretti superstiti della beata zia Maria, l’ultima di otto fratelli. Nostro padre Francesco era il penultimo. Data anche la vicinanza di età, tra di loro vi è sempre stato un rapporto più intenso di fraternità, rapporto che da parte della zia si riversava con intenso affetto anche nei nostri confronti di nipoti. Non è presunzione se ritengo che per me aveva una predilezione particolare. Mi è stata sempre vicina quando ero in collegio a Napoli. Durante e dopo gli studi universitari. Lo sterminato amore che aveva per il Cuore di Gesù e per le sue figlie spirituali, non le impediva di coltivare anche gli affetti familiari.
Purtroppo quella che vedete è una casa completamente diversa rispetto a quella precedente.
Per i gravi danni subiti a causa del terremoto del 1980 è stata abbattuta e ricostruita. Malgrado dall’esterno sembri simile, al suo interno risulta ampiamente modificata. Da una unità immobiliare ne sono state ricavate tre. Nell’appartamento al piano alto dove sono visibili le finestre, che appartiene a mio fratello Rocco deceduto, sul versante opposto è individuabile appena la posizione della stanza in cui la piccola Maria venne al mondo. In verità tutto l’immobile, verso il 1930, era stato già ristrutturato da nostro padre in occasione del suo matrimonio, anche con il contributo delle sorelle Erminia (pure lei donna di Chiesa e figlia devota di Padre Pio) e Maria che all’epoca non era ancora Suora. L’Istituto fu fondato nel 1936. Ovviamente tutti i suoi effetti personali la zia li portò con sé nei paesi del foggiano dove andò ad insegnare e dove avviò il percorso che, sotto la guida di Padre Pio, la porterà a creare la sua magnifica opera sviluppatasi in diverse parti del mondo.
Qui era rimasta la sua culla, il suo pianoforte (anche lei si dilettava a suonare come il padre) ed un inginocchiatoio, oggetti portati poi nella sede dell’Istituto di Napoli. Delle sue cose personali c’è quasi nulla ma i suoi ricordi sono indelebili.
Sono questi i luoghi in cui Ella trascorse i primi anni della sua fanciullezza e giovinezza in seno alla famiglia molto numerosa (sei femmine e due maschi) e particolarmente religiosa di cui era la mascotte. Qui la sua prima educazione; qui le fu trasmessa e da lei recepita quella linfa vitale che ha nutrito il suo percorso. Suo padre Rocco, nonno Rocco, era maestro di scuola elementare, cattolico fervente e praticante. Era anche, si sarebbe detto allora, maestro di cappella perché suonava l’organo in chiesa.
Della vita della Beata parleranno le sue suore una volta giunti in chiesa.
A me preme solo mettere in risalto il filo conduttore che l’ha sempre legata al suo paese natale, alle Chiese, in particolare alla Chiesa Madre e a quella piccola, sita nella contrada di Montecastello, alla quale si dedicò molto, contribuendo anche alla sua costruzione.
Pur avendo spiccato il volo verso lidi lontani per dedicarsi all’insegnamento ed all’apostolato, la Beata non ha mai abbandonato la sua famiglia e Morra. Ritornava tutti gli anni per trascorre un periodo di riposo.
Per noi era una grande gioia. Netta la sensazione di una persona superiore, diversa dalle altre, con una fede incrollabile nella Provvidenza. Anche in vacanza la sua opera di apostolato non subiva pause. Raccoglieva attorno a sé i ragazzi e le ragazze di Morra e dei paesi vicini. Alcune l’hanno seguita nella sua opera e sono entrate in convento apostolato. La Chiesa in quei giorni era frequentatissima, tra lezioni di catechismo, funzioni e canti religiosi. Molti si recavano per incontrare lei che aveva per tutti una parola di conforto.
Voglio raccontare un episodio particolarmente significativo di cui sono stato testimone oculare, citato nella sua biografia e che dimostra come la sua vita sia stata vissuta in simbiosi con il Cuore di Gesù.
Nei tanti soggiorni estivi, la zia si recava ogni mattina in chiesa per la S. Messa e per compiere quelle opere cui ho accennato. Spesso dopo le funzioni andava a far visita a parenti, a persone amiche e ad ammalati.
Ritornava a casa al massimo per ora di pranzo verso le tredici non oltre.
Una mattina questo orario era stato abbondantemente sforato, ma della zia nessuna traccia. Allora non c’erano i telefonini e neppure i telefoni. Mio padre mi mandò a cercarla. Non avevo più di dieci anni.
Mi recai nelle case dove immaginavo poteva esserci, ma nessuno l’aveva vista se non al mattino presto.
Ebbi un lampo di genio. Raggiunsi di corsa la Chiesa. Ovviamente era chiusa. Come un fulmine entrai nella casa del sagrestano che abitava a pochi passi. Dormicchiava. Gli chiesi la chiave della chiesa ma senza aspettare il suo rifiuto, avendola vista appesa, l’afferrai e tornai verso la chiesa. Con grande difficoltà aprii la porta. Silenzio totale. Il cuore mi batteva all’impazzata. Mi avvicinai all’altare in fondo dove c’era e c’è Gesù Sacramentato. Zia Maria era lì assorta in preghiera, potrei dire in estasi. Si accorse di me solo perché la chiamai ad alta voce. Ero sconvolto. Le dissi che ci eravamo tutti preoccupati. Lei mi abbracciò dicendomi che non dovevamo preoccuparci perché stava con Gesù. Quella sensazione irrepetibile la porto con me.
Avrei tante altre cose da dire ma il tempo stringe. Pensiamo un attimo al futuro.
Questo spazio dove ci troviamo sarà dedicato alla Beata, verrà sistemato e sarà posizionata una statua in suo ricordo. Un ricordo ed una presenza che potranno rappresentare anche un’occasione per il rilancio di questo paese. A tal proposito riformulo in pubblico un appello alle Suore. Madre Ortensia! La scongiuro: aprite una casa a Morra, nel paese della Beata per continuare la sua opera di apostolato. A Morra c’è assoluto bisogno. Bastano poche Suore. So bene che in Italia ci sono poche vocazioni. Lei viene dalla lontana Africa dove sono state aperte tre case e dove, credo, non mancano vocazioni. Tutto ciò nella prospettiva che la figlia spirituale di S. Padre Pio, la prima ad essere stata proclamata beata, raggiunga la Santità, anche con la preghiera di questa comunità e di quelle vicino, in continuità con S. Giovanni Rotondo, cui questo itinerario è collegato. Vi ringrazio”.

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Marika Cifiello
Marika Cifiellohttp://www.avellinozon.it
Sono Marika Cifiello nata ad Avellino. Giornalista pubblicista, iscritta all'Ordine della Campania,attualmente Caporedattrice per la testata online Avellino Zon e collaboro a richiesta con altre testate presenti sul territorio. Da sempre interessata alla lettura e alla psicologia, sempre attiva ed impegnata nel sociale, volontaria negli anni in varie associazioni, Fare Verde per l'ambiente, Centro Autismo dove seguivo dei ragazzi della provincia avellinese. La passione per il giornalismo d'inchiesta mi ha spinto verso le prime esperienze in una emittente televisiva locale, poi in varie testate giornalistiche locali. Istintivamente attratta dalle notizie di stretta attualità, coniugo la capacità di reperire notizie in prima persona ad una naturale predisposizione e sensibilità che, negli anni, mi ha permesso di vivere attivamente alcuni dei fatti più eclatanti rimasti impressi nel territorio irpino.
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